Santo benedicente
L'intensità religiosa del dipinto, riconosciuto da Piergiorgio Pasini, è espressiva della poetica composta e meditativa dell’artista romagnolo, contraltare devoto e profondamente umano della esibita sensibilità profana del contemporaneo Cagnacci. Questa tela presenta aspetti iconografici di speciale interesse: accanto al ragazzino inginocchiato si individua appoggiata al gradino, la famosa “catena” o “collare” di san Vicinio, l’oggetto in ferro di significato penitenziale tuttora conservato nel santuario di Sarsina. Consegnato, secondo la tradizione, dalla Vergine al santo taumaturgo, questo viene imposto da tempo immemorabile ai fedeli nella cerimonia della benedizione che protegge da ogni forma di sventura personale e soprattutto dagli influssi e dalle possessioni demoniaci. Il silenzio che accompagna la scena della benedizione, la devozione del ragazzino ben vestito per l’occasione, la presenza discreta della santa martire sulla destra, la descrizione veridica dei paramenti liturgici indossati dal celebrante e infine il pacato sentimento religioso che avvolge l’episodio di quotidiana sacralità includono il dipinto tra i più toccanti dell’artista, oltre che tra i documenti più eloquenti dell’affermazione di un culto e di una devozione che nella diocesi di Sarsina ha radici millenarie.