Concluso il Restauro della Pala di Francesco Francia
Martedì, 30 Giugno 2020
E' possibile ammirare nuovamente all'Abbazia del Monte l'importante dipinto restaurato su iniziativa di Crédit Agricole Italia e Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena.
Cesena, 30 giugno 2020 - Dopo un anno di intenso lavoro, una ricca campagna di documentazione fotoradiografica e di analisi diagnostiche, si è concluso il restauro della bella Pala di Francesco Francia, tavola commissionata per l'abbazia di Santa Maria del Monte all'inizio del Cinquecento.
Il capolavoro del più apprezzato pittore bolognese tra XV e XVI secolo, ritorna a parete e, rientrato dalla trasferta imolese nel laboratorio Salemme, è stato ricollocato nell'ancona sull'altare della cappella della Purificazione della Vergine.
Il restauro è avvenuto su iniziativa della Fondazione grazie alla consolidata collaborazione con Crédit Agricole Italia, nel quadro dell'accordo siglato nel 2018, che prevede il sostegno a importanti progetti culturali e sociali per il territorio.
Il restauro della Pala del Francia è stato effettuato dal laboratorio di Sandro e Simone Salemme, con la supervisione di Luisa Tori e Sonia Revelant della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e ha interessato tutte le parti dell'altare composto da una preziosa cornice intagliata e dorata che raccorda tre dipinti: la pala d'altare con la "Presentazione di Gesù al tempio di Gesù" e l'"Ecce Homo", inserito nella base dell'ancona, entrambi del Francia, e una "Deposizione" attribuita a Bartolomeo Coda nella lunetta.
Al restauro hanno inoltre contribuito il Comune di Cesena, proprietario dell'opera, che ha commissionato una serie di radiografie a Davide Bussolari per visualizzare la "struttura profonda" dell'opera e quindi osservare ciò che sta sotto la superficie visibile ad occhio nudo. Grazie a queste analisi è stato possibile avere conferma dello stato di conservazione della tavola e conoscere la successione delle operazioni caratteristiche del processo creativo impiegato dall'artista.
Il Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali Alma Mater Studiorum Università di Bologna - sede di Ravenna, invece, è intervenuto direttamente grazie alla disponibilità di Barbara Ghelfi e Chiara Matteucci. Il laboratorio dell'Università ha realizzato una serie di indagini multispettrali - foto raggi UV, Riflettografia IR - e chimico fisiche - Spettroscopia RX, analisi sezione stratigrafiche - necessarie per rilevare scritture o firme illeggibili, individuare la presenza di pentimenti e del disegno preparatorio, e valutare le caratteristiche chimico fisiche della pittura.
Le analisi hanno svelato l'ottima fattura del supporto ligneo e la preziosità della materia pittorica che non smentiscono la fama di meticoloso e abile esecutore di Francesco Francia.
Con il restauro si sono recuperate le insospettate tonalità pittoriche e l'intensissima luminosità del dipinto e si sono ricavate informazioni inedite sui procedimenti tecnici ed esecutivi del pittore. Il disegno preparatorio, "letto" attraverso le riflettografie, ha rivelato modifiche e ripensamenti operati dal Francia durante la fase di realizzazione, di cui il più significativo è la modifica della posizione del braccio di Gesù Bambino.
Altre sorprese stanno emergendo dagli archivi della città sulle vicende storiche del dipinto, ma per conoscerle si dovrà aspettare l'autunno quando saranno presentate in occasione di una presentazione pubblica.
Francesco Francia fu il principale pittore dell'arte bolognese dei decenni di passaggio tra Quattro e Cinquecento. La sua produzione segnò in modo significativo l'arte della stagione dei Bentivoglio, e continuò anche dopo la caduta di questi ultimi, con l'arrivo nel 1506 di papa Giulio II e il passaggio della città allo Stato della Chiesa. La sua attività di orafo, esaltata da Vasari, lo vide protagonista della zecca di Bologna per la quale realizzò numerosi conii di monete.
Secondo Nicolò II Masini (1539-1602), ma le informazioni derivanti da diverse fonti sono contrastanti, il dipinto cesenate venne commissionato dal priore della Madonna del Monte, Giovanni Battista Bertuzzoli anche se le spese furono sostenute dalla nobile famiglia cesenate dei Tiberti con la quale la sua casata si scontrò tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento per motivi politici.
All'epoca delle soppressioni napoleoniche il dipinto fu trasferito a Milano (1809), poi a Parigi e infine restituito a Cesena (1816) e depositato nel Palazzo comunale. Fece parte del primo nucleo di opere della Pinacoteca comunale finché nel 1942 fu riportato nella Basilica del Monte.
Si tratta di un dipinto autografo, infatti il Francia ha lasciato la sua firma FRANCIA AVRIFEX BON F., che sottolinea l'orgoglio per la propria professione di orafo, su uno dei gradini dell'altare, ma non la data, per cui la critica propone di collocare il dipinto intorno al 1515 per evidenti sintonie con dipinti coevi dell'artista.
La scena vede al centro la Vergine nel momento di porgere il Bambino a Simeone che lo riconobbe come il Messia. Ai lati del gruppo principale sono a destra San Giuseppe, che appoggiato ad un bastone tiene nella destra due tortore da offrire al tempio, dietro di lui l'anziana profetessa Anna. Alla sinistra di Simeone un uomo si volge a guardare il Bambino. Il tutto si svolge all'interno di un tempio absidato con raffinate decorazioni e di chiare caratteristiche rinascimentali. Dall'alto pende una lampada sotto la quale sta un'iscrizione in ebraico tratta dal salmo 89, verso 40 "hai infranto l'alleanza con il tuo servo". L'altare visibile in fondo all'abside ha un rilievo con il Sacrificio di Abramo, ulteriore allusione al sacrificio di Cristo.